27 agosto 2012

essere umani

Quanto può essere irrazionle l'attaccamento affettivo agli oggetti?
Riconoscergli la capacità di provocare un'emozione.

Un semplice bottone, un elastico, un quaderno.
Che sia un altro limite questa necessità della nostra coscienza di condensare qualcosa di volatile in un qualcosa di materiale?

C'è una finitezza spaventosa a circondarci, tutto il mondo che vediamo.
Ci da' delle leggi, che noi assorbiamo e riflettiamo nel nostro comportamento.

Fino a che punto riusciremmo a vivere/capire al di fuori di questo mondo con queste regole?

Ahhh che rabbia!

18 agosto 2012

coerenza

Cerco di entrare in un'ottica diversa per capire quali siano i benefici del mostrarsi per ciò
che non si è.

Voglio dire: può piacerti Bach, ma questo non significa mica che tu debba andare in giro col parrucchino bianco e riccio, ed il calzino altezza ginocchio.

Scindere un'ideale da un movimento non mi sembra poi così blasfemo.

Ascoltare un genere musicale non significa doverne necessariamente accettare anche i vari movimenti stilistici annessi.
Anche perché l'interpretazione è sempre libera; ciò che per te è "blue", per me potrebbe essere "grigio".

Mi sorge quindi il dubbio che tutto torni sempre sullo stesso punto: la dimostrazione di originialità.
La perenne personificazione di una contraddizione di sé stessi.

Cosa, nel giudizio altrui, vi spaventa al punto tale da eclissare il vostro essere?


17 agosto 2012

scatto

Impulsivamente vorresti congelare quel ricordo, quella sensazione, quell'odore.
Fai del tuo meglio per catturarlo al massimo della sua veridicità, ma niente.
Neppure lontanamente.

Ti prende allora quel mal di stomaco, quello che ti fa pensare che stia levietando verso l'epiglottide.

Lo vorresti identico, non una copia sbiadita.
Eppure sei costretto a mandar giù il boccone amaro.

Cerchi di affidarti almeno alla tua buona memoria sensoriale, e decidi di legarlo a qualcos'altro.

2 agosto 2012

volume

Trovo il cercare nella "perdita" di autocontrollo, la felicità, appena appena ipocrita.

Sembra più un miserabile tentativo di ottenere una sorta di alibi, per adottare determinati atteggiamenti che non si avrebbe altrimenti coraggio di avere da "sobri".

Si tende a pensare che il divertimento sia direttamente proporzionale al grado di disinibizione raggiunto.
Ora la mia deduzione è che a maggiore timidezza corrisponda una maggiore necessità di disinibizione.

Ma nel momento in cui c'è piena consapevolezza di sé, quindi una totale fiducia in sé stessi, non c'è traccia (o per lo meno non dovrebbe) di inibizioni mentali.
Dunque non c'è necessità di perdere il "controllo"?

Probabile che la mia considerazione sia fatta sotto il punto di vista sbagliato, ma trovo che il nascondersi dietro un bicchiere sottenda sempre una certa pavidità.